MITO 1: LA DIETA MEDITERRANEA E’ BASATA SU STUDI “RIGOROSI E INDISCUTIBILI”

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Mentre l’alimentazione paleolitica è impressa nei nostri geni da millenni, per parlare di “dieta mediterranea” dobbiamo prima capire come è nata… e già qui, dal fatto che “si crea una dieta” i miei dubbi si palesano.

Ancel Keys è stato un fisiologo americano dell’Università del Minnesota che ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione della dieta mediterranea, tanto da essere considerato il suo fondatore. Keys arrivò in Italia negli anni ’50 per studiare le ragioni del presunto benessere degli italiani, che all’epoca presentavano un’incidenza di malattie cardiovascolari inferiore rispetto agli americani. Keys attribuì questo fenomeno alla “dieta mediterranea”, basata sul consumo di frutta, verdura, olio d’oliva e un basso apporto di grassi saturi.

Ancel Keys, nel suo Studio dei Sei Paesi del 1953, voleva far luce sulla relazione tra dieta e malattie cardiovascolari. Aveva accesso a dati provenienti da oltre 20 paesi, ma decise di includerne solo 6. Curioso, vero? Le nazioni scelte furono Stati Uniti, Giappone, Italia, Finlandia, Paesi Bassi e Regno Unito. E le altre? Ignorate.. a quanto pare non erano di supporto valido alla sua tesi.

Prendiamo ad esempio la Francia, famosa per il cosiddetto “paradosso francese“: un alto consumo di grassi saturi ma una bassa incidenza di malattie cardiache. A mio avviso, più che “paradosso”, sembra una verità che non faceva comodo includere. E il Cile? Basso consumo di grassi, ma alta incidenza di malattie cardiache.

L’omissione di questi paesi ha senza dubbio permesso a Keys di creare una correlazione voluta e artificiale tra consumo di grassi e malattie cardiache, rafforzando ingiustamente la sua teoria (finanziata e adottata dalle grandi aziende alimentari).

Lecito dire che questo approccio selettivo solleva parecchi dubbi sull’affidabilità dello studio, in quanto la mancanza di integrità globale e l’omissione di dati contraddittori rendono chiaramente lo studio non scientifico e offrono una visione distorta del rapporto tra dieta e salute. Infatti, molti Stati non menzionati nel suo studio avrebbero potuto fornire un quadro più completo e accurato, sicuramente diverso e meno allarmista nei confronti dei grassi.

L’unico paradosso che vedo in questa storia? Più che quello francese, il paradosso è che la “scienza” non era poi così scientifica.

Ma allora perché in Italia la gente era così magra e con bassa mortalità cardiovascolare?

Keys, nel suo Studio dei 6 Paesi, mise a confronto l’alimentazione giapponese e italiana con quella iperlipidica americana. Ma, ahimè, dimenticò alcuni dettagli cruciali: l’Italia e il Giappone del dopoguerra non erano esattamente il paradiso alimentare da lui descritto, bensì Paesi caratterizzati da fame e malnutrizione che stavano cercando di rialzarsi dalle stragi avvenute in quegli anni. Quando Keys li confrontò con gli Stati Uniti, dimenticò di considerare queste fondamentali differenze socioeconomiche, attribuendo erroneamente la bassa incidenza di malattie cardiache al basso consumo di grassi, dimenticando che non si trattava “di una scelta dietetica consapevole”, ma semplicemente di una realtà in cui il cibo scarseggiava letteralmente. Un piccolo errore di calcolo, no? Insomma, erano povertà e digiuno (non la pasta) a mantenere ancora in vita i cuori italiani: erano affamati e malnutriti, non “a dieta”.